Le piogge di Settembre

Voglio ricordarti così.
Il tuo riflesso sbiadito sulla condensa, la mano appoggiata sul vetro.
Fuori dalla finestra, le piogge di Settembre.
Tu che guardi in alto, verso le nubi grigie che coprono il cielo.
Guardi sempre in alto, sopra il mio sguardo.
Mentre la pioggia cade sul selciato, un ticchettio sommesso che infradicia il giardino. Io guardo in basso, anche quando il ticchettio diventa un frastuono, ma tu guardi in alto.
Voglio ricordarti così, come le piogge di Settembre.
Quando viviamo l’estate non pensiamo che tutto dovrà finire. Se non guardiamo il cielo, non immaginiamo che le nubi possano addensarsi. Come può una distesa così vasta, azzurra e limpida, diventare così grigia e turbolenta? Eppure, sappiamo che prima o poi pioverà, è inevitabile. Questa consapevolezza dovrebbe spingerci a guardare sempre il cielo, in attesa delle nubi.
Tu lo sapevi.
Tu le guardavi.
Quando stavamo insieme non ho mai pensato che le cose potessero finire, neppure per un momento. Non ho mai immaginato la vita senza di te. Eppure, dentro di me, lo sapevo. Lo sapevamo entrambi. Sapevamo che l’estate sarebbe finita, e che le piogge di Settembre sarebbero arrivate a spazzare via il nostro rapporto.
Come quella mattina, con il cielo che era diventata un’immensa cappa grigia. La  tua mano si spostava lenta sul vetro, toccandolo a malapena con i polpastrelli.
Indossavi una delle mie felpe, troppo grandi, che ti arrivava fino alle cosce. Stavi davanti alla finestra con le gambe nude e i piedi nudi. Come se non sentissi freddo.
Una mano sul vetro, l’altra lungo il corpo. Io ti guardavo da dietro, e vedevo la tua faccia riflessa sul vetro, sulla condensa del tuo respiro.
Io vado, mi dicesti.
Io vado.
Non mi ricordo se mi stessi guardando, dal riflesso del vetro.
Forse stavi guardando il cielo anche in quel momento.
Perché le nubi le avevi viste prima di me, la pioggia la conoscevi da sempre.
Allora, io vado.
Non era una domanda. Non era una richiesta. Non c’era rabbia, non c’era tristezza, non c’era risentimento. Non c’era niente di più di quanto detto.
Era una constatazione, con una leggera punta di amarezza. Una consapevolezza.
Io vado.
Come le piogge di Settembre.
Quando facciamo piani per il futuro, non consideriamo mai la pioggia. Quando ci prepariamo per le vacanze, quando programmiamo una gita, quando vogliamo semplicemente uscire. Non pensiamo mai alla pioggia. Ma è così, è naturale. Dai temporali estivi alle piogge di Settembre, dovremmo sempre considerare le nubi grigie che si addensano sul cielo.
Eppure, erano sempre lì. Dietro il riflesso sul vetro, ai margini di quel cielo limpido.
Sapevamo che stavano arrivando.
Ma non era un buon motivo per non provarci, non era un buon motivo per smettere di vivere, per smettere di amarci.
Io vado, mi dicesti.
Come la pioggia, sapevamo che sarebbe arrivata. Ma non abbiamo fatto finta di non vederla: semplicemente, abbiamo vissuto come abbiamo sentito di voler fare. Sapendo che quelle piogge erano parte di noi.
Lo so, è come se non ti avessi mai completamente capita. Come se ti avessi sempre vista attraverso quel riflesso, annebbiata dalla condensa del tuo respiro.
Ti ho amato, questo sì. E tu hai fatto lo stesso. Ma amarsi è facile, volersi bene è molto più difficile.
Puoi amare anche ciò che ti fa male, ma non puoi volerlo. Non dentro di te. Sai che finirà, sai che a un certo punto te ne dovrai andare.
Io vado, mi dicesti.
Perché dovevi andare via. Perché era quello che volevamo, quello che dovevamo fare. Come le piogge, che arrivano a chiudere l’estate e ad annunciare l’autunno.
Mi ritrovo spesso a pensare all’odore della tua pelle, a rivivere le sensazioni delle tue dita che passano tra i miei capelli. Anche adesso che sto con Giulia, a volte, mi tornano in mente le sensazioni del nostro passato. Come le stagioni, che tornano ciclicamente.
L’odore del caffè che ti preparavi la mattina, appena sveglia, con indosso soltanto la mia felpa.
Il mozzicone appoggiato sul balcone, con il vento che sparge la cenere sul selciato.
Gli aloni lasciati dalle tue dita sul vetro.
Immagini e sensazioni che tornano come le piogge di Settembre, anche adesso che Giulia vive da me, anche adesso che aspetta un bambino.
Io vado, mi dicesti.
E sapevamo che sarebbe andata così, perché altrimenti sarei stato io ad andarmene.  Ci siamo amati, sì, ma solo per una stagione. La mia vita è con Giulia, e sono felice di stare con lei. Ma non possiamo pianificare tutto il nostro futuro, anche se sappiamo che verrà la pioggia. Siamo pronti ad affrontarla, perché ci siamo già passati.
Quando ci siamo incontrati di nuovo, avrei voluto parlarti. Avrei voluto chiederti di Marco, di quello che fate assieme, di come state vivendo. Avrei voluto chiederti se hai continuato a studiare la chitarra, se hai finito di scrivere quella tua canzone.
Ma voglio ricordarti così, con la mano appoggiata sul vetro e la pioggia fuori dalla finestra.
Forse avrei voluto soltanto parlare con lui. Capire se anche lui sta provando le mie stesse sensazioni, capire se sia in grado di conoscerti più a fondo.
Però ti ho vista, e ricordo la tua immagine riflessa sul vetro.
Ti ho vista ridere con lui, ti ho vista stare bene. Ma c’era qualcosa nel tuo sguardo. Una fugace sensazione a margine del tuo sorriso. L’inclinazione dei tuoi occhi, come le nubi che si addensano a margine del cielo.
E allora vorrei parlare con lui, dirgli di stare attento, pregarlo di trattarti come meriti. Vorrei implorarlo di volerti bene, non soltanto di amarti. Perché le piogge di Settembre arrivano sempre, anche quando non le abbiamo previste.
Io vado, allora.
Eccola, la pioggia.
Io vado.
Ti ringrazio per avermi insegnato. Io ero giovane, incostante, appassionato. Tu eri più matura, anche se gli altri non l’avevano capito. Tu conoscevi la pioggia, e me l’hai fatta conoscere. Non sarei felice con Giulia, adesso, se tu non me lo avessi insegnato. E spero che anche Marco l’abbia capito, e che possiate avere una vita felice.
Ma ricorderò per sempre quei momenti, che torneranno ogni autunno ad affacciarsi alla mia mente.
L’odore dei tuoi capelli dopo aver fatto sesso, il calore della tua mano che stringe la mia e le avvicina alla finestra, la limpida scintilla in fondo ai tuoi occhi.
Guarda, mi dicesti, è la pioggia.
La nostra storia è finita con le piogge di Settembre, ma quelle sensazioni torneranno incessantemente, in un ciclo che fa parte di noi.
Voglio ricordarti così.
La tua mano appoggiata sul vetro, il riflesso del tuo viso annebbiato sulla condensa del tuo respiro.
I tuoi occhi che guardano il cielo.
E le piogge di Settembre, che ti portano via da me.

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