Gospel: Khotan, III sec. – Capitolo 3

The Gospel according to All – Nona Vita

Khotan, III secolo d.C.

taklamakan

III.

Avevo trentadue anni, quando la carovana giunse da ovest. Attraversava lentamente la rotta commerciale, con i cammelli e le carrozze, le spezie e i tappeti. I cavalieri sorvegliavano il percorso, mentre le donne velate osservavano il deserto.

Io mi sedetti sulla soglia della porta, attendendo il loro arrivo. Come ogni volta, avevo ripulito la fattoria e indossato l’abito buono. Avevo preparato i tappeti, i drappi, i vestiti e le corde di seta.

La carovana si fermò di fronte alla mia fattoria, e i mercanti si abbeverarono al vecchio pozzo. Le donne accompagnarono i bambini a guardare i bachi da seta. I cavalieri pulirono le loro armi e strigliarono i cammelli.

Attesi con pazienza l’arrivo del capovillaggio, che spuntò un’ora più tardi dalle dune a est. Un uomo alto e slanciato, poco più giovane di me, con i corti capelli a spazzola e il naso adunco. Portava la merce di Melikawat per gli scambi commerciali, conducendo due cammelli dal pelo fulvo. Mi salutò e mi baciò sulla fronte. Portava con sè il miglior vasellame del villaggio e alcuni frammenti lavorati di giada di nefrite.

“Avete già cominciato?” mi chiese.
“No. Ti stavo aspettando.”
“Sbrighiamoci, allora. Prima che partano per la prossima oasi.”

Annuii. Il capovillaggio si avvicinò ai mercanti, che stavano allestendo il loro accampamento vicino alla mia fattoria. Alcuni uomini dalle vesti colorate di rosso e di azzurro si avvicinarono a loro volta, parlando faticosamente la nostra lingua.

I mercanti avevano origine araba, forse avevano visto addirittura le grandi piramidi o le milizie romane. Discutevano animatamente, cercando di contrattare sul prezzo e sul valore delle merci. Raccontavano di grandi bazaar e di porti affollati, di lingue, culture e religioni straniere, di amici e parenti che li aspettavano alla fine del viaggio.

Il capovillaggio riuscì a vendere il vasellame e a scambiare la mia seta per frutta, spade e denaro. Al termine delle trattative, i mercanti festeggiarono con della birra ambrata e dolciastra, e ci offrirono dei datteri e del pane.

Lavorai per tutta la sera, curando le piantine di gelso e portando le foglie ai bachi da seta. La carovana ripartì qualche ora dopo, prendendo la via del deserto verso l’oasi successiva. I bambini salutarono ridendo, mentre le donne si riparavano sotto i parasole.

Il capovillaggio rimase con me per tutta la notte. Mi aiutò a riparare il telaio e ad accendere il camino. Poi mi baciò e mi accarezzò.

Ormai da molti mesi era solito farmi visita durante le spedizioni commerciali. La mia fattoria, senza più capre e senza più campi, era comunque un punto di passaggio per le carovane che viaggiavano verso Khotan. La seta mi aveva permesso di vivere da sola, senza abbandonare la terra e il ricordo della mia famiglia. Sopravvivevo, e ricordavo.

Quella notte, però, il capovillaggio non sembrava sereno.
“Voglio andare a Khotan.” mi disse, quando il manto stellare aveva ricoperto il deserto.
“Perchè?”
“Voglio viaggiare. Come quei mercanti. Voglio lasciare il deserto.”

Io non dissi nulla. Mi limitai a preparare il tè con le foglie di gelso.
“Il viaggio è pericoloso. Più del deserto.”
“Sì, lo so – rispose lui – Ma non si può rimanere prigionieri del passato. Voglio crescere. Voglio diventare il protagonista dei racconti dei mercanti.”
“Una pianta cresce dove si posa il seme. Ha radici, non gambe.”

Il capovillaggio annuì lentamente. Ma non mi guardò negli occhi. Continuò a guardare il sentiero che si snodava tra le dune e le colline. La via della seta, che collegava mondi così lontani e percorreva leggende e fantasie, sogni e speranze.
“Verrai con me?” chiese, sorseggiando il tè.

Io scossi la testa.
“Qui c’è la mia seta. C’è la mia fattoria. C’è la mia vita.”
“Non devi restare.”
“Voglio restare. Quando sarai in viaggio, avrai bisogno di trovare altre donne come me, nelle fattorie ai margini del deserto. Avrai bisogno di trovare ospitalità, di trovare conforto, di trovare piante con radici salde.”

Il capovillaggio annuì di nuovo. La mattina dopo ripartì di buon ora, caricando tutte le merci sui cammelli. Mi diede un bacio e mi salutò. Non lo vidi mai più.

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